Adalimumab (Humira® e altri farmaci biosimilari)

Attenzione: le informazioni riportate non sostituiscono le singole schede tecniche e foglietti informativi dei farmaci. Per ogni ulteriore approfondimento è bene sempre consultare il proprio medico specialista curante.

Che cos’è?

E’ un farmaco immunosoppressore, in grado cioè di inibire la risposta del sistema immunitario. In particolare adalimumab inibisce il Fattore di Necrosi Tumorale alfa (TNF-α), una proteina coinvolta nelle risposte infiammatorie e immuni.

Quando viene utilizzato?

È utilizzato, da solo o in combinazione con altri farmaci, nel trattamento di diverse malattie autoimmuni, tra cui l’artrite reumatoide, l’artrite idiopatica giovanile, la spondiloartrite assiale, la malattia di Crohn, la colite ulcerosa, l’idrosadenite suppurativa, l’uveite, la psoriasi e, nello specifico per questa patologia, la psoriasi a placche e l’artrite psoriasica.

Come si assume?

Nel trattamento della psoriasi a placche e dell’artrite psoriasica adalimumab si assume mediante iniezioni sottocutanee.

Come agisce?

Adalimumab è un anticorpo monoclonale che si lega al fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e ne blocca l’attività biologica, con conseguente riduzione dell’infiammazione nell’organismo.

Con che frequenza va assunto e per quanto tempo?

La dose raccomandata di adalimumab per i pazienti adulti è costituita da una dose iniziale di 80 mg (due iniezioni da 40 mg in un giorno), seguita da una dose pari a 40 mg alla settimana successiva e in seguito a settimane alterne.

Nei pazienti con risposta clinica inadeguata dopo 16 settimane di trattamento, può essere valutato un incremento del dosaggio a 40 mg ogni settimana o a 80 mg a settimane alterne. Dopo che sia stata raggiunta una risposta clinica soddisfacente, il dosaggio può essere riportato a 40 mg a settimane alterne. In caso di inefficacia, vanno invece valutati i rischi e i benefici di una terapia continuativa.

Frequenza e Dosaggio
Settimana 1 80 mg (due iniezioni di 40 mg in un giorno)
Settimana 2 40 mg
A settimane alterne 40 mg

Quali sono le principali avvertenze da considerare?

Le persone in trattamento con antagonisti del TNF sono più suscettibili alle infezioni gravi e devono pertanto essere attentamente esaminate e monitorate per valutare la presenza di infezioni, compresa la tubercolosi, prima, durante e dopo il trattamento con adalimumab. Poichè l’eliminazione di adalimumab può richiedere fino a quattro mesi, il monitoraggio deve continuare anche in questo periodo. Inoltre, prima di iniziare la terapia, le pazienti devono essere valutate per l’infezione da virus dell’epatite B.

Sulla base delle attuali conoscenze, non è possibile escludere in pazienti trattati con farmaci anti-TNF lo sviluppo di linfomi, leucemie e altre neoplasie, compresi i tumori della pelle. Di recente una revisione della letteratura che ha indagato il rischio di cancro nei pazienti con psoriasi trattati con questa classe di farmaci, ha segnalato la necessità di un monitoraggio a lungo termine in questo ambito, per stabilire se esista un rischio di neoplasia direttamente attribuibile al trattamento. Particolare attenzione va posta ai pazienti affetti da psoriasi, precedentemente trattati per lunghi periodi con farmaci immunosoppressori o PUVA.

Deve essere usata cautela nell’utilizzo di adalimumab in caso di malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale o periferico pregresse o di recente insorgenza.

Il trattamento con adalimumab può indurre la formazione di anticorpi autoimmuni.

In generale la somministrazione di vaccini vivi durante la terapia con adalimumab non è raccomandata.

Ci sono problemi alla sospensione del farmaco?

Può esservi la necessità di interrompere il trattamento per esempio prima di un intervento chirurgico o in caso di grave infezione o in presenza di una delle evenienze sopra esposte. La sospensione del trattamento può determinare la ricomparsa dei sintomi.

A quali eventuali effetti indesiderati è importante prestare attenzione?

Adalimumab può ridurre le difese dell’organismo, e quindi aumentare il rischio di infezioni (soprattutto delle vie respiratorie, ma anche intestinali, della pelle, dell’orecchio, del cavo orale, dell’apparato riproduttivo e delle vie urinarie, fungine) o di sviluppare alcuni tumori (per esempio cutanei, escluso il melanoma, e tumori benigni).

Fra gli altri suoi effetti indesiderati comuni sono inclusi: arrossamento, prurito, dolore o gonfiore nel sito di iniezione; rash cutanei, prurito, orticaria; riduzione o aumento dei globuli bianchi, riduzione dei globuli rossi e delle piastrine; aumento dei lipidi nel plasma; alterazioni degli ioni nel plasma (potassio, acido urico, sodio, calcio, fosfato); alterazioni dell’umore (depressione, ansia), insonnia; mal di testa, emicrania, sensazioni di pizzicore, scosse o bruciore sulla pelle; disturbi della vista, congiuntiviti; tachicardia; aumento della pressione arteriosa, vampate; asma, tosse, senso di oppressione e dolore al petto; dolore addominale, nausea, vomito, difficoltà di digestione, malattia da reflusso gastro-esofageo; aumento degli enzimi epatici;  dolori muscolari e articolari; insufficienza renale.

Fra gli altri suoi effetti indesiderati non comuni o rari sono inclusi: infezioni neurologiche; linfomi, tumori mammari, polmonari e tiroidei, melanoma, leucemia; porpora trombocitopenica idiopatica; sarcoidosi, vasculite; accidenti cerebrovascolari, tremori e neuropatie; diplopia; infarto del miocardio, aritmia, insufficienza cardiaca; tromboflebite, embolia polmonare, interstiziopatia polmonare, fibrosi polmonare; pancreatite, disfagia; colecistite, steatosi epatica, aumento della bilirubina; rabdomiolisi, LES; reazioni cutanee come l’eritema multiforme, la sindrome di Steven-Johnson, l’angioedema; nicturia.

Ci sono problemi per l’assunzione contemporanea di altri farmaci?

La terapia con adalimumab non è raccomandata in associazione con anakinra e abatacept. Adalimumab può essere associato al methotrexate nel trattamento della psoriasi e dell’artrite psoriasica, dell’artrite reumatoide e dell’artrite idiopatica giovanile poliarticolare. Alcuni studi dimostrano infatti un’inferiore formazione di anticorpi e quindi un’efficacia maggiore della terapia combinata rispetto alla monoterapia.

 

DONNE IN ETÀ FERTILE

Se sono in età fertile e inizio la terapia con adalimumab devo avere qualche precauzione?

Si consiglia di valutare con il proprio medico di fiducia l’opportunità di eseguire un test di gravidanza prima di iniziare il trattamento. Le donne in età fertile devono considerare l’utilizzo di misure contraccettive adeguate per evitare l’instaurarsi di una gravidanza durante il trattamento e per almeno 5 mesi dopo l’ultima somministrazione di adalimumab.

Se assumo il farmaco posso avere problemi di fertilità?

I dati disponibili in merito agli effetti di adalimumab sulla fertilità umana sono limitati.

Il farmaco non è stato associato a problemi di fertilità. Si sta valutando se adalimumab possa essere utilizzato in associazione per migliorare i tassi di successo di alcuni trattamenti per la fertilità.

Per quanto tempo rimane il farmaco nel mio corpo? Devo interrompere l’assunzione di adalimumab se voglio avere un bambino?

In generale il tempo necessario per eliminare i farmaci dall’organismo può variare da persona a persona. L’eliminazione di adalimumab può richiedere fino a 3 – 4 mesi dalla conclusione del trattamento. E’ stato riportato il caso di una donna che ha interrotto l’assunzione di adalimumab alla 16° settimana di gravidanza e il farmaco è stato dosato al parto, 21 settimane dopo, nel sangue materno e del cordone.

Nel caso si desideri una gravidanza è importante consultare il medico di fiducia prima di interrompere la somministrazione del farmaco. Il medico valuterà i rischi della progressione della malattia rispetto ai rischi dell’assunzione del farmaco.

Mi sono accorta di essere incinta, devo interrompere l’assunzione di adalimumab?

In presenza di una gravidanza è necessario consultare il proprio medico di fiducia prima di interrompere l’assunzione del farmaco, per valutare con attenzione i rischi e i benefici complessivi del trattamento in questa condizione.

Se assumo adalimumab aumenta il rischio di aborto?

In generale l’aborto è un’evenienza relativamente comune in ogni gravidanza. Con una malattia autoimmune può aumentare la possibilità che si verifichi un aborto spontaneo, il che rende più difficoltoso comprendere se i farmaci utilizzati per trattare la malattia possono aumentare il rischio di aborto spontaneo. Infatti in presenza di una malattia materna in gravidanza non è semplice capire se le problematiche che insorgono, possano essere legate ai farmaci assunti in gravidanza o alla malattia materna da trattare.

I dati di alcuni studi non evidenziano un aumento del rischio di aborto in donne esposte ad adalimumab in gravidanza. In particolare, i reumatologi coinvolti in una sorveglianza in questo ambito, non hanno riportato un aumento di aborti spontanei in 417 donne esposte ad adalimumab o ad altri farmaci anti-TNF in gravidanza. In 495 donne che assumevano un antagonista del TNF (in 150 adalimumab) non è emerso un incremento di aborti spontanei.

Se assumo questo farmaco nel primo trimestre di gravidanza aumenta il rischio di danni al feto?

Ogni donna in gravidanza ha un rischio, all’incirca del 3-5%, che il bambino presenti una malformazione; tale rischio è definito “rischio di base” e riguarda tutte le donne in gravidanza.

D’altra parte nel primo trimestre il farmaco attraversa la placenta in quantità molto ridotte.

Studi su piccoli campioni di donne che hanno assunto questo farmaco durante il primo trimestre di gravidanza non hanno segnalato un significativo aumento, rispetto all’atteso, di anomalie congenite nei nati esposti al farmaco.

Uno studio su 417 donne esposte a farmaci inibitori del TNF tra cui l’adalimumab non ha riportato un aumento del rischio di difetti congeniti. Un ulteriore studio condotto su 495 donne affette da malattie autoimmuni che assumevano farmaci inibitori del TNF (di cui 150 adalimumab), ha rilevato un lieve aumento di malformazioni nei nati, per il quale non è del tutto chiaro se le problematiche segnalate possano essere legate al trattamento assunto in gravidanza o alla malattia materna da trattare.

I documenti di riferimento del farmaco segnalano un numero elevato di gravidanze (all’incirca 2100) esposte ad adalimumab, raccolte in modo prospettico, che includevano più di 1500 gravidanze in trattamento durante il primo trimestre, che non hanno mostrato un aumento del tasso di malformazioni nel neonato.

Sono state arruolate in modo prospettico 257 donne con artrite reumatoide o malattia di Crohn, trattate con adalimumab almeno nel primo trimestre di gravidanza e 120 donne con artrite reumatoide o malattia di Crohn non esposte al farmaco. Tra le donne trattate e non trattate non sono emerse differenze significative per le gravidanze che si sono concluse con la nascita di un neonato vivo con un grave difetto congenito, così come per aborti spontanei, difetti minori alla nascita, parto pretermine, dimensione del neonato, infezioni gravi. Inoltre non sono stati riportati casi di nati morti o tumori maligni. Per tale studio sono stati tuttavia evidenziati alcuni limiti metodologici.

Qualora si renda necessario utilizzare adalimumab in questa fase della gravidanza, il medico di fiducia valuterà con attenzione i rischi e i benefici complessivi del trattamento.

Se assumo adalimumab nel secondo o nel terzo trimestre, che rischi ci possono essere per il bambino?

Come altri inibitori del TNF, il farmaco può attraversare la placenta e raggiungere il feto a partire dal secondo trimestre e ancor più nel terzo trimestre.

Benchè un maggior quantitativo di adalimumab possa attraversare la placenta nel terzo trimestre, non vi sono segnalazioni che abbiano evidenziato rischi nel bambino per assunzioni del farmaco nel terzo trimestre di gravidanza.

D’altra parte, ad oggi, le informazioni sull’uso di adalimumab nel terzo trimestre di gravidanza sono scarse. Qualora si renda necessario utilizzare adalimumab in questa fase della gravidanza, il medico di fiducia valuterà con attenzione i rischi e i benefici complessivi del trattamento.

Se assumo adalimumab posso allattare?

Il farmaco passa nel latte materno in quantità molto basse. Inoltre, quando assunto per via orale, adalimumab è facilmente degradato nel tratto gastrointestinale e pertanto si ritiene che venga scarsamente assorbito dal neonato. Particolare attenzione va tuttavia riservata ai nati prematuri con un apparato digerente non ancora completamente sviluppato, che potrebbero essere in grado di assorbire una quantità maggiore del farmaco.

Alcuni studi di ridotte dimensioni non riportano effetti collaterali nei neonati allattati da madri in terapia con adalimumab. Inoltre diversi esperti considerano l’adalimumab compatibile con l’allattamento al seno.

In generale, le conoscenze disponibili indicano che adalimumab può essere utilizzato durante l’allattamento.

Il mio bambino può effettuare le vaccinazioni prima dell’anno di vita, se ho assunto adalimumab in gravidanza?

Le vaccinazioni rappresentano una forma di prevenzione primaria delle malattie infettive insostituibile.

Molti dei farmaci immunosoppressori utilizzati durante la gravidanza possono attraversare la barriera placentare ed entrare nella circolazione fetale, con un possibile impatto sul sistema immunitario fetale.

In generale i vaccini con microrganismi inattivati o con tossoide possono essere somministrati secondo il calendario vaccinale ai neonati di madri trattate con adalimumab in gravidanza.

In Italia il calendario vaccinale nei primi sei mesi prevede la somministrazione di vaccini inattivi ma anche il vaccino vivo per il rotavirus. Il vaccino per rotavirus è raccomandato entro l’anno e previene la malattia da rotavirus che è la causa più comune di gastroenteriti virali fra i neonati e i bambini sotto i 5 anni. In particolare, nei bambini molto piccoli il virus può causare una diarrea grave con disidratazione. Pertanto, in generale è consigliabile effettuare la vaccinazione, ma valutando con il medico di fiducia e il servizio vaccinale i tempi più opportuni per la sua esecuzione, anche in considerazione dell’eliminazione del farmaco dall’organismo. Nello specifico, per l’adalimumab, la documentazione di riferimento del farmaco precisa che la somministrazione di vaccini vivi a bambini esposti in utero ad adalimumab non è raccomandata fino a 5 mesi dall’ultima somministrazione di adalimumab alla madre durante la gravidanza.

I vaccini con microrganismi vivi come il vaccino per il morbillo-parotite-rosolia e il vaccino per la varicella sono previsti nel secondo anno di vita, per cui in generale non ci sono problemi legati alla terapia in gravidanza per la loro somministrazione.

Durante la visita vaccinale va data comunicazione al medico in merito all’assunzione di adalimumab durante la gravidanza o in corso di allattamento.

E se il farmaco è assunto dal partner?

Sono stati condotti studi di piccole dimensioni in questo ambito. In particolare, uno studio che ha valutato 15 uomini affetti da spondiloartrite in trattamento con inibitori del TNF (1 con adalimumab) non ha mostrato differenze nella qualità del seme rispetto a uomini con questa patologia non in trattamento con anti-TNF. Un altro studio che ha coinvolto 23 uomini con spondilite anchilosante trattati con inibitori del TNF (14 con adalimumab), non ha rilevato effetti sulla qualità dello sperma. La valutazione condotta su 10 uomini con spondilite anchilosante ha rilevato una scarsa qualità del seme all’inizio dello studio, rispetto a quello di uomini sani, ma un miglioramento dello stesso dopo un anno di terapia con adalimumab.

I risultati disponibili suggeriscono pertanto come sia improbabile che l’assunzione da parte del partner di adalimumab ne comprometta la fertilità e, più in generale, aumenti i rischi per la gravidanza.

 

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Aggiornato il 13/04/2022