Vaccini in gravidanza: nuove prospettive per le donne?

Molte sono le domande per le quali si vorrebbero risposte precise, notizie certe, per affrontare questo strano periodo con più tranquillità, ma questo non sempre è possibile.

Quando poi si parla di vaccini entrano in gioco speranze assolute e paure antiche: da una parte il rapido sviluppo dei vaccini per SARS-COV-2 rappresenta un fatto importante che può aiutarci a vedere il futuro con più serenità, dall’altra proprio i tempi rapidi di sviluppo e produzione possono far sorgere dubbi sulla loro sicurezza, soprattutto se si considerano particolari categorie della popolazione.

Le donne in attesa di un figlio o che devono allattare possono avere dubbi e fare domande sui possibili rischi della malattia e/o della vaccinazione. A partire dalla tragica vicenda della talidomide le donne in gravidanza e in allattamento sono state escluse dagli studi clinici sui nuovi farmaci con il risultato che molti farmaci, data la mancanza di dati certi sui loro effetti in gravidanza, sono praticamente preclusi alle donne in attesa.

Nello stimare il rischio specifico di utilizzo di un farmaco o di un vaccino vengono di norma condotti studi su fasce di popolazioni con caratteristiche simili a quelle della popolazione bersaglio destinataria del prodotto. Con le donne in gravidanza si pone un problema paradossale: da un lato queste non vengono incluse negli studi di sperimentazione dei farmaci o vaccini, e dall’altro viene consigliato loro di assumere tali sostanze alla luce dei dati raccolti su popolazioni non in gravidanza.

A settembre 2020 la rivista The Lancet in suo commento auspicava l’inclusione delle donne incinte negli studi clinici per lo sviluppo dei vaccini contro COVID-19 (1). A dicembre del 2020, parlando alla Columbia University, il Dr. Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and InfectiousDiseases, affermava che studi clinici di fase I e II sulla sicurezza e immunogenicità dei vaccini per COVID-19 nelle donne in gravidanza e nei bambini sarebbero potuti iniziare a metà gennaio 2021.

In effetti dati i risultati incoraggianti derivati dagli studi su animali, Pfizer e BioNtech hanno annunciato di aver intrapreso uno studio internazionale che coinvolgerà circa 4000 donne sane in gravidanza per valutare l’efficacia e la sicurezza del loro vaccino (BNT162b2). Metà del gruppo riceverà le dosi del vaccino e l’altra metà un placebo. A queste ultime verrà somministrato il vaccino appena dopo il parto. Le donne avranno un’età maggiore o uguale ai 18 anni e riceveranno il vaccino durante le settimane tra la 24° e 34° di gestazione, con un intervallo di 21 giorni tra le due dosi.

Le donne faranno parte dello studio per 7-10 mesi e i loro neonati verranno seguiti per circa 6 mesi dopo la nascita per valutare la sicurezza del vaccino e l’eventuale trasferimento ad essi degli anticorpi prodotti dalla madre. Ciò rappresenta un grande passo per le donne che aspettano un figlio e si auspica che questo esempio possa essere seguito ed esteso in futuro.

Riteniamo importante diffondere tale messaggio perché negli anni ci si è resi conto che l’eccessiva restrizione nell’accesso delle donne a molti studi stava determinando mancanza di informazioni sugli effetti dei farmaci sul genere femminile. E questo ha sempre lasciato e lascia la decisione se assumere o meno un farmaco o un vaccino nelle mani dei medici e delle stesse donne. Infatti, sebbene si stiano raccogliendo dati di sorveglianza per monitorare l’andamento delle gravidanze e gli esiti fetali durante la pandemia, allo stato attuale le donne e i loro medici sono chiamati a prendere decisioni basate su evidenze scientifiche molto limitate o assenti.

A questo proposito da molti ricercatori viene la richiesta di cambiare prospettiva: la troppa protezione nei confronti delle donne in attesa può essere dannosa per le donne stesse? E le donne in gravidanza e in allattamento non potrebbero essere protette meglio attraverso la ricerca (2)?

A tale proposito possiamo segnalare due gruppi di lavoro internazionali che già a, partire dal 2016, hanno iniziato a studiare proprio la possibilità che le donne in gravidanza possano partecipare agli studi clinici: PREVENT e PRGLAC.

PREVENT

Nel 2016, durante l’epidemia dovuta al virus ZIKA, scienziati, medici ed esperti di bioetica hanno costituito un gruppo di lavoro che ha preso il nome di PREVENT (PregnancyResearchEthics for Vaccines, Epidemic, and New Technologies). Il gruppo PREVENT ha pubblicato alcune linee guida, l’ultima delle quali è dedicata a vaccini e donne in gravidanza: Pregnant women & vaccines against emerging epidemic threats: Ethics guidance for preparedness, research, and response.

Viene affermata la necessità che negli studi sui vaccini siano presi in considerazione i bisogni delle donne incinte, a partire dal momento in cui tali studi vengono disegnati.In particolare l’obiettivo primario è realizzare un mondo in cui

  • Le donne in gravidanza non siano escluse a priori dalla partecipazione a studi sui vaccini
  • Le donne in gravidanza e i neonati possano beneficiare dei progressi nella tecnologia dei vaccini e non siano lasciate indietro durante lo sviluppo di nuovi vaccini
  • Le donne in gravidanza e i neonati possano avere accesso a vaccini sicuri ed efficaci per proteggerli da malattie riemergenti o nuove.

Le 22 raccomandazioni contenute nel documento tendono a promuovere condizioni di equità verso le donne e i neonati durante lo sviluppo dei vaccini in situazioni di epidemia, come quella che stiamo vivendo, e soprattutto fare in modo che le donne in attesa non siano lasciate indietro.

In primo luogo è importante che ci sia da parte delle autorità sanitarie una raccolta continua di dati in merito agli esiti dell’infezione da SARS-CoV2 per la salute di mamme e bambini e che questi dati siano pubblici. In questo modo sarà possibile riconoscere i possibili rischi durante l’epidemia e stabilire un profilo rischio-beneficio per i vaccini.

Sarebbe importante decidere di investire nello sviluppo di vaccini candidati che possano essere utilizzati dalle donne in gravidanza, in modo da proteggerle dai rischi dell’infezione.

Sarebbe necessario determinare quali tipi di studi tossicologici su riproduzione e sviluppo potrebbero essere condotti, prima di arruolare donne in gravidanza nei successivi studi clinici.

Infine le donne in attesa dovrebbero avere l’opportunità di partecipare agli studi clinici in situazioni particolari come quella attuale (3).

PRGLAC

Sebbene le revisioni ai regolamenti federali per la protezione delle persone che partecipano alla ricerca abbiano rimosso le persone in gravidanza dalla categoria “popolazione fragile”, le preoccupazioni etiche e le potenziali responsabilità restano ostacoli alla ricerca sulle terapie durante la gravidanza e l’allattamento.

Come messo in luce già nel 2016, con la fondazione della Task Force definita Research Specific to Pregnant Women and Lactating Women (PRGLAC), diviene sempre più urgente e necessario affrontare e colmare la carenza di informazioni relative a terapie sicure ed efficaci in gravidanza e in allattamento. L’attuale pandemia rappresenta un esempio chiaro della presenza di tali lacune.

Emerge quindi come fondamentale il principio per cui la persona incinta possa avere le stesse evidenze e opportunità di tutti gli altri individui che ricevono un farmaco, una terapia o un vaccino al fine di poter prendere una decisione informata sulla possibilità di ricevere il trattamento.

Il piano stilato dalla Task Force PRGLACcontiene 15 raccomandazioni che esplicitano l’importanza di fornire risorse, protezioni e incentivi per compiere ricerche e generare evidenze al fine di promuovere la saluta materna, il postpartum e superare le barriere presenti per poter fornire un trattamento sicuro ed efficace. Con l’inclusione di soggetti in gravidanza o in allattamento nella ricerca clinica sarà possibile creare e divulgare raccomandazioni cliniche chiare basate su evidenze scientifiche solide (4).

La rapidità che ha reso disponibili i vaccini contro la COVID-19 non ha permesso di seguire queste raccomandazioni finora, ma la tendenza generale non sembra quella di negare alle donne in attesa la possibilità di usare i vaccini sviluppati contro questo coronavirus. E le principali agenzie della salute sembrano essere aperte all’uso dei vaccini per COVID-19 in gravidanza e durante l’allattamento, pur con la dovuta attenzione.

Resta comunque la necessità di raccogliere più dati e fare più ricerca in questo campo, seguendo l’esempio di Pfizer e BioNtech, al fine di superare la fase della cautela e avere strumenti utili per affrontare questa e possibili future situazioni di pericolo per la salute delle donne con più certezze.

  1. Heath PT, Le Doare K, Khalil A. Inclusion of pregnant women in COVID-19 vaccine development. Lancet Infect Dis. 2020; 20:1007-1008.
  2. Bianchi, D. W., Kaeser, L., &Cernich, A. N. Involving Pregnant Individuals in Clinical Research on COVID-19 Vaccines. JAMA.
  3. https://www.statnews.com/2020/02/25/coronavirus-vaccine-covid-19-pregnant-women/
  4. Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development. Task Forceon Research Specific to PregnantWomenandLactatingWomen (PRGLAC). December 29, 2020.Accessed January 31, 2021. https://www.nichd.nih.gov/about/advisory/PRGLAC
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